L’area extraurbana posta a est della città, attraversata dalla antica strada romana che collegava Pavia (la romana Ticinum) a Cremona, Piacenza e da lì proseguiva fino a Roma, era caratterizzata durante l’alto medioevo da una fitta presenza di proprietà del fisco regio. Non a caso nella zona si trova la chiesa di San Pietro in Verzolo, denominata nel 929 San Pietro «qui dicitur leprosorum», che probabilmente sorse, forse in epoca longobarda, su terreni di pertinenza regia. Un’ulteriore prova della presenza di beni fiscali in quel tratto della campagna della città ci giunge da un diploma del 902, con il quale l’imperatore Ludovico III donava alcuni fondi pertinenti al palazzo Reale di Pavia alla chiesa di Sant’Abbondio di Como, tra i quali vi era una braida (un campo suburbano coltivato con molta cura e spesso recintato) posta tra la Vernavola, Montebolone e la via publica, corrispondente alla strada romana, l’attuale viale Cremona. Pochi anni dopo, nel 916, l’imperatore Berengario I concesse alla figlia Berta, badessa del monastero di Santa Giulia in Brescia, licenza di edificare un castello sulla riva del Ticino presso il porto di Sclavaria, di proprietà dello stesso monastero. Sicuramente si trattava dello stesso scalo menzionato in un inventario dei beni di Santa Giulia compilato tra l’879 e il 906. Non sappiamo se il castello sia stato poi effettivamente realizzato o meno, dato che nei documenti successivi non se ne fa più menzione, tuttavia, l’approdo continuò a prosperare, tanto che nel 998 l’imperatore Ottone III confermò al monastero di San Marino di Pavia il possesso della metà del porto di Sclavaria. Forse a causa di alcuni mutamenti del corso del Ticino, il porto di Sclavaria già nel XI secolo non era più operativo, ma, grazie ad alcuni atti notarili del 1279, siamo in grado di sapere che esso era posto a sud-est della chiesa di San Lazzaro, tra quest’ultima e quella di Santa Croce, che, fino al 1734 (quando fu erosa dal Ticino), si trovava a Montebolone. Va evidenziato che ora tra San Lazzaro e Montebolone corre la Vernavola, ma, fino ai lavori idraulici eseguiti tra il 1862 e il 1865, in quel punto passava il Ticino. Quest’area, dove nell’alto medioevo in pochi chilometri si addensavano proprietà regie e interessi di alcuni dei maggiori enti ecclesiastici dell’Italia settentrionale, come il monastero bresciano di Santa Giulia, conobbe particolare sviluppo tra i secoli XI e XIII. La vicinanza del mercato urbano favorì la diffusione di vigneti, frutteti, orti e fondi agricoli coltivati in modo intensivo, le acque della Vernavola furono sfruttate non solo per l’irrigazione, ma anche come forza motrice di mulini e gualchiere (Pavia era a discretamente nota in età comunale per la produzione del fustagno) e, sempre lungo il medesimo corso d’acqua, sono documentate, almeno dal Duecento, anche alcune fornaci attive sia produzione di laterizi sia di ceramiche. L’antica strada romana, progressivamente si trasformò in una via Romea, percorso utilizzato dai pellegrini per raggiungere Roma, e cominciò a essere chiamata via Francigena. Lungo la strada, nei sobborghi della città, sorsero numerosi enti religiosi, come San Guglielmo, posto oltre porta Santa Giustina (che si trovava alla fine di corso Garibaldi), appartenente all’ordine dei Templari, Sant’Apollinare, San Giovanni delle Vigne (anch’esso controllato dai Templari, era collocato dove ora sorge il cimitero di San Giovannino), Sant’Eustacchio (l’attuale villa Eleonora, ospedale dei Templari), San Giacomo della Vernavola (nell’area occupata dalla caserma dei Carabinieri Forestali), Santa Maria di Gerico, che si trovava lungo la Vernavola nei pressi della strada per Lodi, oltre a San Pietro in Verzolo, affidato ai monaci benedettini, e Santa Croce a Montebolone, gestita dall’ordine dei Crociferi e dotata di ospedale. Nel corso del XII secolo, attorno a tre chiese cominciarono a formarsi agglomerati di case: San Guglielmo, Sant’Apollinare e San Pietro in Verzolo. Questi piccoli insediamenti, intorno alla metà del Duecento, come documentato dagli estimi del comune, contavano circa 200 abitanti ognuno e venivano ormai definiti borghi. All’estremità orientale di uno di questi borghi, quello di San Pietro in Verzolo, nella prima metà del XII secolo sorse una nuova chiesa: San Lazzaro.