Tempera grassa e olio su tavola, 210 x 63 cm (pannello centrale), 190 x 59 cm (laterale destro), 180 x 63 cm (laterale sinistro)
Iscrizioni: nella predella, primo pannello da sinistra sopra“Sic ardua peto”; sotto, “L’ardito”. Sui pilastri laterali a destra e a sinistra, entro tabella la data “MDLXXVI”.
Musei Civici di Pavia, Inv. P 205
Il trittico presenta al centro la Madonna con il Bambino e il beato Martino Salimbene; il Santo vescovo va identificato con san Lazzaro, mentre nel soldato va riconosciuto san Maurizio. Nella cimasa, la Pietà.
L’opera è strettamente legata alle vicende storiche dell’Ospedale di San Lazzaro di Pavia e della famiglia Salimbene che, fin dalla fondazione della chiesa e dell’annesso ospedale, nel 1157, ne aveva il patronato. Il dipinto è presente nell’oratorio di San Lazzaro fino al 1876. In seguito, fu donato da Angelina Germani Dehò alla Civica Scuola di Pittura pavese e nel 1912 passò alle collezioni dei Musei Civici.
L’opera è stata completata in due momenti diversi. Alla fase più antica, entro la metà del primo decennio del XVI secolo, appartengono la struttura lignea della cornice intagliata, la tavola centrale, che comprende la Madonna col Bambino e la Pietà della cimasa. Successivamente, furono dipinte le tavole laterali e la cornice con la predella: come riferimento cronologico vale la data 1576 dipinta sui pilastrini. L’ipotesi più probabile è che l’opera, già pronta per ricevere la stesura pittorica, sia per qualche ragione rimasta incompiuta e successivamente completata con le parti mancanti.
Sembra verosimile che il committente possa essere identificato in Galeazzo Salimbene, rettore della chiesa dal 1478 al 1505, data della sua morte. Il dipinto era destinato alla chiesa di San Lazzaro della quale Galeazzo era rettore e dove, probabilmente, aveva scelto di essere sepolto. Accettando questa ipotesi, il dipinto sarebbe da datare tra il 1491 e il 1505, individuando la morte del committente come causa del mancato completamento.
Il promotore si riconosce in Giuseppe Salimbene grazie al nome L’ardito e all’impresa dell’elefante accompagnata dal motto Sic ardua peto con i quali partecipava all’Accademia degli Affidati. Giuseppe avrebbe coperto la carica di ministro di San Lazzaro dal 1560 fino alla morte, nel 1603.
La presenza dei santi Maurizio e Lazzaro nelle tavole laterali fa riferimento alla dedicazione dell’Oratorio ma nel contempo celebra l’unione dell’ordine militare di san Lazzaro e dei Cavalieri dell’ordine di san Maurizio in un’unica istituzione, sancita da Gregorio XIII il 15 settembre 1572.
Le insegne dei due ordini militari (croce gemmata bianca per i Cavalieri di san Maurizio, croce di Malta verde per l’ Ordine di san Lazzaro) sono rappresentate, ben in vista, sul pettorale dell’armatura del guerriero e sulla tunica, sui guanti e sul messale del vescovo.